Citazioni

14 - Anche per BankItalia il Sud si è impoverito dopo l'unità d'Italia

Quest’ulteriore disaggregazione rafforza le principali ipotesi revisioniste suggerite dalle stime regionali. Le stime provinciali confermano (...) che l’arretratezza evidente del Mezzogiorno alla vigilia della Grande Guerra non era stata ereditata dalla storia preunitaria.

Carlo Ciccarelli e Stefano Fenoaltea, Banca d'Italia - Quaderni di Storia Economica - numero 4, Luglio 2010


13 - I ritardi economici del Sud e quelle intuizioni di Nitti 110 anni fa

E' ormai dimostrato che, all'avvicinarsi di quel 1861, il pil meridionale era assai simile a quello del centro-nord. E che il Mezzogiorno divenne questione per le scelte di politica economica nei primi 25 anni dell'unità. E i numeri parlano poi di un divario in crescita nel Ventennio fascista, quasi eliminato negli anni del boom economico, per poi riacutizzarsi dopo la crisi energetica del 1973.

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Nitti era l'uomo che dimostrò quante tasse in più avessero versato i meridionali rispetto agli altri italiani nei primi 25 anni del regno unito. Fu l'uomo che cercò di promuovere leggi speciali, come incentivi alle iniziative dei singoli. Niente pianti, ma iniziative, attività. Perchè sui nostri limiti economici e ritardi, dopo l'esame delle cause storiche, dopo l'analisi delle responsabilità, occorre rimboccarsi tutti le maniche. Allora, come oggi.

Gigi Di Fiore, Controstorie (Blog - Il Mattino), 21 Febbraio 2014


12 - Turismo al Sud, il bilancio di una catastrofe

E' tutto il Mezzogiorno, in realtà, che dovrebbe porsi il problema di "come" usa i suoi tesori. Un dossier del Touring club del maggio 2013 dice che l'Italia (dati 2012) conta su 380 milioni di presenze ma "neppure il 20 per cento si concentra nel Meridione". Per quanto riguarda gli stranieri, va ancora peggio: con un terzo del territorio e tre quarti delle coste e un terzo dei siti Unesco, il Sud attira meno di un settimo dei turisti stranieri: il 13 per cento. Il Veneto da solo, dice il rapporto, "rileva i tre quarti degli arrivi e delle presenze in più rispetto all'intero Mezzogiorno".

Di più: nel 2012 "i turisti internazionali hanno speso nel nostro paese oltre 32 miliardi di euro ma di questi appena 4 sono andati a beneficio del Mezzogiorno".

E' il bilancio di una catastrofe.

Sergio Rizzo - Gian Antonio Stella, Se muore il Sud, 2014


11 - Il Regno di Napoli economicamente era come la Germania di oggi

La prima cosa che balza agli occhi è lo spread (anche allora!) tra i rendimenti dei diversi gruppi di bond prima e dopo l'Unità. Quelli del Regno delle Due Sicilie (che erano un quarto del totale) prima del 1861 pagavano i tassi più bassi: 4,3%, 140 punti base in meno delle emissioni papali e di quelle piemontesi (che rappresentavano rispettivamente il 29% e il 44% del debito unitario dopo la conversione) e 160 in meno rispetto a quelle Lombardo-Venete (che però erano solo il 2%).
Insomma, a voler utilizzare le categorie di oggi, il Regno di Napoli economicamente era per l'Italia quello che oggi la Germania è per l'Eurozona. «Come il Regno di Napoli prima dell'integrazione del debito sovrano, la Germania di oggi è l'economia più forte dell'eurozona e beneficia del costo del debito più basso in assoluto» scrive Collet. Considerazioni, queste, che faranno storcere il naso a molti, ma sicuramente non di parte. Del resto, come ricorda Collet, Napoli era di gran lunga la città più importante del neonato Regno d'Italia. E le regioni del Sud avevano una discreta struttura industriale, un'agricoltura fiorente sia pure basata sul latifondismo, e importanti porti.

Giuseppe Chiellino, Il Sole 24 Ore, 30 Giugno 2012


10 - Il Nord si arricchiva a spese del Sud

La «miseria» del Mezzogiorno era «inspiegabile» storicamente per le masse popolari del Nord; esse non capivano che l’unità non era avvenuta su una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno (...), cioè che il Nord concretamente era una «piovra» che si arricchiva alle spese del Sud e che il suo incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale. Il popolano dell’Alta Italia pensava invece che, se il Mezzogiorno non progrediva dopo essere stato liberato dalle pastoie che allo sviluppo moderno opponeva il regime borbonico, ciò significava che le cause della miseria non erano esterne, da ricercarsi nelle condizioni economico-politiche obiettive, ma interne, innate nella popolazione meridionale (...): non rimaneva che una spiegazione, l’incapacità organica degli uomini, la loro barbarie, la loro inferiorità biologica. (...) Intanto rimase nel Nord la credenza che il Mezzogiorno fosse una «palla di piombo» per l’Italia, la persuasione che piú grandi progressi la civiltà industriale moderna dell’Alta Italia avrebbe fatto senza questa «palla di piombo», ecc.

Antonio Gramsci - Il Risorgimento


9 - Il Centro-Nord finanzia il Mezzogiorno? No! Tutti i "ricchi" finanziano tutti i "poveri"

L’osservazione secondo la quale il Centro-Nord finanzia il Mezzogiorno perché nelle aree settentrionali, nel 2010, sono state incassate entrate pro capite per 15.253 euro, a fronte di un importo della spesa corrente di 11.174, non è corretta. Chi è “povero”, dovunque risieda, paga, infatti, nella misura che sia ritenuta appropriata, e beneficia, rispetto ai “ricchi”, dei medesimi servizi. Tutti i “ricchi” finanziano tutti i “poveri”: i “ricchi” della Campania finanziano i “poveri” della Lombardia e viceversa. Il fatto che in Lombardia vi siano relativamente più ricchi ed in Campania più poveri è irrilevante sul piano dell’equità, che è retta da norme costituzionali ben chiare.

Rapporto SVIMEZ 2012 sull'economia del Mezzogiorno - Sintesi


8 - Cassa per il Mezzogiorno: il giudizio non può che essere positivo

Il giudizio sull’esperienza storica della Cassa per il Mezzogiorno, valutata nel suo complesso, non può, alla luce delle considerazioni svolte finora, che essere positivo. (…) La valutazione favorevole, naturalmente, fonda le sue motivazioni, soprattutto, sulla fase più significativa della Cassa, vale a dire, sui suoi primi venticinque anni di vita (…) In particolare, la sua azione è stata di grande efficacia, specialmente se paragonata ad altre iniziative pubbliche di analoga portata, perché è riuscita a promuovere la realizzazione di un vasto programma di infrastrutture, l’avvio e il consolidamento di quell’accumulazione produttiva di cui non vi era traccia nei territori meridionali e la crescita del reddito prodotto nelle regioni del Sud.
(…) I suoi esiti sono risultati talmente benefici e fruttuosi, che perfino le ragioni di fondo, che hanno decretato la fine dell’intervento straordinario, non sono valse a oscurare il senso di questa stagione di riforme. Le cause della conclusione dell’esperienza della Cassa sono di carattere generale, come il tramonto del modello keynesiano e la crisi petrolifera degli anni settanta, che hanno modificato l’andamento dell’economia, cambiato la natura dell’iniziativa dello Stato e indirizzato gli sforzi verso la ristrutturazione dell’apparato produttivo di maggiore consistenza, penalizzando le aree meridionali. (…) Nonostante tutto ciò, la Cassa ha conservato il valore dell’unico momento della storia del Mezzogiorno, in cui il divario si è notevolmente ridotto.

Amedeo Lepore, Cassa per il Mezzogiorno e politiche per lo sviluppo


7 - I fondi FAS dirottati al Nord sono la rapina del secolo

«I fondi Fas dirottati La rapina del secolo»
«Negli ultimi anni il calo degli investimenti pubblici nel meridione è stato reale: rispetto al piani dei Governi italiani, dal 1998 in avanti, in media ogni anno la cifra effettiva è stata inferiore di 10 miliardi». calcola Gianfranco Viesti. Acuendo la crisi dei poli produttivi del Sud. Di più. «Si è assistito alla più grande rapina del secolo – batte i pugni il sindaco di Salerno, Vincenzo de Luca - al progressivo svuotamento dell'intera quota nazionale dei fondi Fas: prima con tagli a copertura di qualsiasi esigenza propagandistica e clientelare (dall'lci al risanamento dei comuni amici di Catania e Roma), poi per fronteggiare la crisi (con il finanziamento della cassa integrazione, al 70% a imprese del nord)». Parliamo di 25 miliardi destinati ad investimenti al sud trasformati in spesa corrente. «Ma oggi togliere soldi al mezzogiorno ha un costo politico bassissimo», allarga le braccia De Luca.

Marco Alfieri, La Stampa, 17 Marzo 2011


6 - La Spesa Pubblica è squilibrata a favore del Nord

“l’allocazione interna della spesa pubblica italiana risulta squilibrata soprattutto a causa di una distribuzione territoriale non favorevole alle aree che presentano un maggior fabbisogno di intervento, di un eccessivo peso della spesa corrente rispetto a quella in conto capitale e di un inadeguato volume di risorse destinate alla politica di sviluppo regionale. (…)
La spesa in conto capitale sembra aver perso completamente il ruolo di strumento di riequilibrio rispetto alla persistenza degli squilibri territoriali.”

Ministero per lo Sviluppo Economico - Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS), “Rapporto annuale 2011 sugli interventi nelle aree sottoutilizzate”


5 - La tassazione post-unitaria ha sfavorito il Mezzogiorno

Fu proprio Nitti a condurre una delle prime ricerche sulla diversa pressione fiscale fra Centro-Nord e Mezzogiorno che avrebbe inevitabilmente accentuato la sperequazione e il divario tra Nord e Sud, gravato da una maggiore pressione tributaria. Le conclusioni furono che il Nord Italia disponeva del 48% della ricchezza con il 40% del carico tributario, mentre l'Italia Centrale con il 25% della ricchezza pagava il 28% dei tributi e il Meridione con il 27% era gravato di peso fiscale pari al 32%. La tassazione nel Mezzogiorno post-unitario era relativamente maggiore rispetto a quello delle regioni settentrionali, pur disponendo di un reddito inferiore.

Roberto Pasca di Magliano, Il Mezzogiorno d’Italia: discontinuità per uno sviluppo responsabile


4 - Al Sud pressione fiscale più alta e servizi più scadenti a causa della minore capacità fiscale

Nel Mezzogiorno, la pressione fiscale posta in atto dagli Enti territoriali è, per obiettive ragioni di necessità, più elevata, nel senso che – a parità di ricchezza – l’importo dei tributi posti a carico dei contribuenti è maggiore rispetto a quello dei contribuenti dei territori più ricchi. A fronte di una più elevata pressione fiscale, il livello dei servizi è tuttavia nel Mezzogiorno ampiamente insoddisfacente, non solo in termini comparativi, ma altresì rispetto a qualsivoglia standard. Ciò vale per quanto concerne le famiglie, e vale altresì in termini di appropriato contesto offerto, attraverso i servizi svolti dagli Enti, alle imprese produttive. Infatti la minore capacità fiscale dei territori non viene oggi compensata, come la nostra Costituzione richiede, da un “fondo perequativo” correttamente definito e ripartito.

SVIMEZ, COMUNICATO STAMPA, Roma, 23 gennaio2007


3 - Costi maggiori per le imprese del Sud

questa carenza risulta del tutto evidente dai dati forniti dal Gestore del Mercato Elettrico: per ogni megavattora nel Mezzogiorno si pagano nel 2008 103,83€, al Centro 91,95€ e 88,64€ al Nord. Differenziali così marcati riflettono il crescere negli anni di carenze infrastrutturali particolarmente forti che incidono sulla produzione e trasporto dell’energia. Questo macroscopico svantaggio competitivo per le imprese del Sud (per le quali la voce energia incide per oltre il 30% dei bilanci) va a sommarsi alle note altre esternalità negative, con buona pace della capacità di gestire i problemi più acuti del dualismo territoriale.

Adriano Giannola, I cambiamenti dell’economia italiana alla luce delle ricerche promosse dalla SVIMEZ


2 - Lo Stato Italiano investe al Nord

Gli andamenti territoriali evidenziano una dinamica sia degli investimenti che dei trasferimenti differenziata nelle due aree. Entrambe le componenti crescono rispetto al 2006 nel Centro-Nord (+3 e +10 per cento) mentre scendono, seppure di poco, nel Mezzogiorno (-0,5 e -1 per cento circa).
Ciò determina un’ulteriore contrazione della quota della spesa del Mezzogiorno sul totale nazionale, dal 36,7 per cento del 2006 al 35,3 per cento del 2007.

Ministero per lo Sviluppo Economico - Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS), “Rapporto annuale 2007 sugli interventi nelle aree sottoutilizzate”


1 - Il Sud, casa mia

“Provo a spiegarmi: il Sud vide lacerare il suo tessuto sociale dalle stragi dell’Unità, poi dai milioni di emigrati a cavallo del Novecento; poi dai milioni di emigrati “interni” e “clandestini” durante il fascismo; poi da quelli del “miracolo economico”; oggi dai giovani laureati in fuga. Sapete cos'è un quarto della popolazione, per esempio? Guardatevi intorno, nella vostra famiglia, e gli amici, i colleghi; individuate i più intraprendenti, i più bravi nel loro lavoro, che hanno doti da spendere altrove. Ecco, ora toglieteli dal vostro mondo: uno-due-tre, via quello; uno-due-tre, via quell’altro. Dovreste farlo cinque milioni di volte, vedere sparire il capo intelligente, il giovane che lo sarebbe diventato, quello che lavora senza guardare l'orologio, o che dove si mette riesce, o sa tenere a freno gl’irrequieti e spronare i pigri (…) Fatelo milioni di volte, per tre-quattro volte di seguito, per un totale che va da tredici a oltre venti milioni, in un secolo. Quello che resta è il rassegnato, il perdente, il lagnoso, chi si aspetta che altri a lui provvedano, il prepotente che di questo approfitta. Conosco un posto descritto così, e che non era così, e che mi rifiuto di pensare non possa essere altro.
Quel posto è casa mia. A noi, questo fu fatto.”

Pino Aprile - Terroni